Bacchin - Lettura metafisica dei Todesgedanken di Feuerbach

November 4, 2017 | Penulis: kidmarco | Kategori: Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Metaphysics, Karl Marx, Thought, Dialectic
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Description: Vent'anni fa, il 10 gennaio 1995, sulla spiaggia di Rimini veniva a mancare Giovanni Romano Bacchin, pr...

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Vent'anni fa, il 10 gennaio 1995, sulla spiaggia di Rimini veniva a mancare Giovanni Romano Bacchin, proprio mentre, intento nella diuturna riflessione, andava fissando su di un quaderno quel fluire dei pensieri, incessante ed inquieto come il mare che gli si apriva di fronte. E' stato ed è uno dei pensatori metafisici più profondi e puri (ma, tuttora, meno noti) del secondo Novecento italiano, e non solo. Nulla gli interessava di meno che la notorietà. Nulla gli importava di più della verità. A nulla riconosceva autorità, se non a questa. Alla ricerca della verità consacrò l'intera sua esistenza, senza risparmiarsi in alcun senso, senza compromessi di sorta, senza ambiguità, affidandosi soltanto al vero. Era indifferente alla novità ("categoria teoreticamente irrilevante") aspirando ad essere semplicemente "originario", noncurante del successo ("sufficit mihi nullus lector"), intollerante di qualsivoglia limitazione alla libertà e radicalità del pensiero, incontenibile (capace di argomentare a braccio per ore senza la minima esitazione o cedimento, nell'eloquio come nel rigore), disponibile e generoso, severo ed intransigente ma anche indulgente e paziente, era il più serio eppure il meno serioso di tutti (per questo amatissimo dalla Goliardia), il più sacrale e il più dissacrante... In una poesia giovanile prefigurava la propria morte proprio su una spiaggia deserta: quasi un'anticipazione lirica dell'evento esistenziale, ma anche una metafora precorritrice della pregnante e "paradossale" (ma solo per la doxa) definizione che verrà a fornire della Filosofia quale «abissale presenza della verità assente». Con tale espressione si indica il carattere trascendentale del vero, la sua inesauribile ed indefinibile presenza o, meglio, il suo essere "presenza" ideale, in senso platonico forte, come tale ulteriore (perché precedente) rispetto alle stesse "categorie" di trascendenza od immanenza, "presenza" che non conosce opposizione, limitazione, determinazione da parte dell'assenza/presenza empirica, e che evoca e presiede interamente la stessa domanda e ricerca di lei. Il suo essere pura ed indefettibile presenza, inestesa ed assolutamente semplice, esclude di potersi declinare come un "presentarsi" processuale, anche in senso infinito, o di venire analiticamente descritta come "sfondo" di ciò che si manifesta, apparendo. La lirica si chiudeva così: «... io, a cui non sono bastati nemmeno i voli delle aquile». Pubblico per l'occasione questo suo saggio, scarsamente conosciuto, che vale la pena leggere e meditare, come d'altra parte ogni suo scritto. Parafrasando quella esplicitazione ["continuazione"] che egli poneva accanto al titolo (sempre identico) dei suoi corsi (sempre diversi, ma disposti come un unico discorso in atto) «Pensiero e metodo nell'unità metafisica della ricerca (continuazione)» - verrebbe da dire: Maestro, è sempre e ancora e soltanto una "continuazione", che nessuno di noi ha cominciato, che nessuno di noi potrà concludere... ma in essa "continuiamo", sempre, tutti. G.R. Bacchin, Lettura metafisica dei Todesgedanken di L. Feuerbach, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Perugia», VI (1968-1969).
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